L’industria tessile e della moda rimane un attore significativo nell’economia globale, fornendo lavoro a milioni di persone in tutto il mondo. Si stima che tra i 20 e i 60 milioni di persone siano impiegate nell’industria tessile in tutto il mondo.
Nonostante questi benefici, è chiaro che il modo in cui progettiamo, produciamo e usiamo i vestiti presenta alcuni svantaggi per l’ambiente, poiché grandi quantità di risorse non rinnovabili sono impiegate per produrre vestiti spesso usati solo per un breve periodo di tempo. Per questo anche il mondo della moda sta virando verso un approccio eco-sostenibile. Materiali come il nylon, una fibra sintetica, vengono riciclati da molti brand del fashion per produrre abbigliamento di qualità nel rispetto dell’ambiente.
La storia del nylon
Il nylon, una fibra sintetica interamente realizzata in laboratorio con l’utilizzo di polimeri, non si rompe facilmente e rappresenta circa il 10% dei detriti nell’oceano.
Come il poliestere, il nylon è prodotto da una risorsa non rinnovabile, il petrolio, in un processo ad alta intensità energetica. Ogni volta che viene lavato, perde fibre microplastiche che finiscono nei corsi d’acqua e negli oceani, e poiché non è biodegradabile, alla fine del suo ciclo di vita finirà in una discarica.
Secondo la Società mondiale per la protezione degli animali, più di 600.000 tonnellate di attrezzature da pesca vengono gettate negli oceani ogni anno, comprese le reti di nylon. I pescatori, infatti, spesso gettano in mare le reti danneggiate o vecchie perché l’alternativa sarebbe quella di pagare qualcuno per smaltirle correttamente.
Il nylon non si trova solo nelle reti da pesca. Si trova anche nei vestiti, nei tappeti e negli imballaggi. È stato presentato per la prima volta alla Fiera Mondiale di New York nel 1939 con i collant da donna.
La popolarità di questa fibra sintetica è letteralmente esplosa dopo la Seconda guerra mondiale. Prima del 1945 il cotone e la lana dominavano il mercato, ma alla fine della guerra le fibre sintetiche come il nylon avevano conquistato il 25% della quota di mercato!
L’adozione del nylon nell’uso comune è stata determinata soprattutto dall’impiego di questa fibra nelle forniture militari.
Il nylon rigenerato impiegato nel mondo della moda
Adalù si definisce come azienda ecosostenibile nel settore dell’abbigliamento. Abbiamo dato vita alla collezione RENEW, utilizzando solo ELASTAN LYCRA® XTRA LIFE® insieme al nylon rigenerato ECONYL® composto al 100% da scarti di nylon come le reti da pesca raccolte dall’oceano o scarti di tessuto recuperati dalle discariche. Essendo molto sensibili alle tematiche ambientali e alla sostenibilità, miriamo ad una produzione interamente eco-friendly nei prossimi anni.
Utilizzato da diversi brand in tutto il mondo nel settore della moda, il nylon rigenerato garantisce la stessa durata e le stesse performance del nylon vergine: è stato determinante il fatto che testando i prodotti realizzati con nylon rigenerato, questi risultano funzionali e qualitativamente identici ai prodotti realizzati con materiali nuovi.
I consumatori non sono quindi in grado di accorgersi di indossare prodotti riciclati a meno che non gli viene esplicitamente detto.
La chiave di volta è assicurarsi che i conti tornino, ovvero che il bilancio energetico per l’implementazione di un nuovo materiale riciclato sia veramente migliore di uno vergine, e che le prestazioni soddisfino i più elevati standard qualitativi.
Il nylon è solo uno dei tanti materiali presenti nella nostra vita, pensiamo come sarebbe il nostro pianeta se riciclassimo tutti i materiali che usiamo!
Il nylon è complesso da riciclare, ma dobbiamo farlo!
Il nylon rigenerato è un’alternativa preferibile al nylon vergine, ma anche quello a base biologica, cioè prodotto con materie prime rinnovabili, è potenzialmente un’alternativa interessante.
Il nylon rigenerato presenta gli stessi vantaggi del poliestere riciclato. Con il riciclo si alleggeriscono le discariche dai rifiuti e si risparmia acqua, energia e combustibile fossile impiegati nella produzione del nylon vergine.
Gran parte del nylon rigenerato viene prodotto con vecchie reti da pesca. Questa è un’ottima soluzione per togliere tantissima spazzatura dall’oceano. Naturalmente si ricava il nylon anche dai tappeti, dai collant, dalle moquette e da molti altri prodotti.
Sebbene il riciclaggio del nylon sia ancora un processo costoso, presenta molti vantaggi per l’ambiente. Attualmente si stanno conducendo molte ricerche per migliorarne la qualità e ridurre i costi dell’intero processo. Il riciclo rimane tuttora un’operazione non semplice da portare avanti.
La contaminazione è un’altra fonte di problemi. A differenza dei metalli e del vetro, fusi ad alte temperature, il nylon viene fuso ad una temperatura inferiore che non garantisce la totale eliminazione dei contaminanti.
Così microbi e batteri potrebbero sopravvivere. Per questo motivo il nylon deve essere pulito accuratamente prima del processo di rigenerazione.
Un’industria tessile sprecona
A causa del sottoutilizzo dei vestiti e della mancanza di riciclo, si stima che ogni anno si perdano più di 500 miliardi di dollari di valore, e il numero medio di volte che un capo d’abbigliamento viene indossato è diminuito del 36% tra il 2000 ed il 2015.
Anche se l’industria tessile produce e vende tra gli 80 e i 150 miliardi di indumenti all’anno a livello globale, la Banca Mondiale sostiene che il 40% dei vestiti acquistati in alcuni Paesi non viene mai utilizzato.
La produzione di abbigliamento è raddoppiata sotto la spinta di una classe media che si è ampliata, dell’emergere del fenomeno di fast fashion e di un maggior numero di nuove tendenze e collezioni che guidano la crescita del mercato.
In un rapporto del 2017 intitolato “Una nuova economia del tessile: ridisegnare il futuro della moda”, la Ellen McArthur Foundation stima che se questa tendenza dovesse continuare, le vendite totali di abbigliamento raggiungerebbero i 160 milioni di tonnellate nel 2050.
Meno dell’1% del materiale usato per produrre l’abbigliamento viene riciclato in abiti nuovi, portando così ad una perdita di più di 100 miliardi di dollari di materiali ogni anno.
L’odierno sistema lineare, basato sul creare e sprecare, utilizza una grande quantità di risorse e ha impatti negativi sull’ambiente e sulle persone.
La moda inquina il nostro pianeta
Secondo il World Economic Forum, la produzione globale della moda contribuisce per il 10% alle emissioni di carbonio nel pianeta, prosciugando le fonti d’acqua e inquinando fiumi e mari.
Come afferma il World Economic Forum, il 20% dell’inquinamento industriale delle acque è attribuito alla tintura e al trattamento dei tessuti. È stato stimato che ogni anno circa mezzo milione di tonnellate di microfibre di plastica che si disperdono durante il lavaggio di tessuti a base di plastica, come nylon, poliestere o acrilico, finiscono nell’oceano.
Accade così che, mentre da un lato le comunità locali beneficiano di opportunità di lavoro, dall’altro gli aspetti negativi sul lato ambientale rappresentano una seria minaccia per la salute. Il semplice scarico delle acque reflue di produzione non trattate può inquinare i fiumi locali utilizzati per bere, pescare e irrigare la terra.
Un rapporto del 2017 dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha stimato che il 35% di tutte le microplastiche, ovvero i minuscoli pezzi di plastica che non si biodegradano mai, presenti negli oceani provengono dal lavaggio di tessuti sintetici come il poliestere.
Fortunatamente l’industria e le persone sono sempre più consapevoli degli effetti devastanti dell’attuale sistema di produzione tessile, alcuni brand hanno iniziato ad affrontare queste specifiche sfide socio-ambientali all’interno delle loro catene di produzione come Adalù.
Un’iniziativa nigeriana trasforma il nylon in moda
In Nigeria con un’iniziativa responsabile è nata una soluzione innovativa che si concentra sulla formazione dei giovani per riciclare i rifiuti tessili del nylon.
L’iniziativa, chiamata Planet 3R, mira a ridurre le discariche riciclando vestiti e calze di nylon e triturando in modo creativo vecchi vestiti e calze usate per poi convertirli in prodotti finiti.
L’iniziativa impiega una strategia ecologica in quanto il nylon rimane un importante inquinante che blocca le fognature e sporca le strade delle principali città nigeriane.
Il processo comporta la selezione, il lavaggio e la disinfezione accurata del nylon. In seguito, questo materiale viene asciugato al sole e tessuto in prodotti alla moda. L’intero processo dura tre giorni.
Una volta asciugato, il nylon viene sminuzzato con le forbici in fili sottili e si inizia la tessitura sul telaio.
L’iniziativa ha comportato la raccolta di tonnellate di rifiuti di nylon riciclabili, come anche la sensibilizzazione di oltre 4.300 studenti di varie scuole secondarie sui temi del riciclo e sulla gestione dei rifiuti, la formazione e l’occupazione di centinaia di giovani.
Il progetto è estremamente ambizioso e nei prossimi 5 anni avrà un impatto su milioni di vite perché l’idea può essere replicata in diverse comunità di tutto il mondo.
L’industria della moda pone ancora sfide globali
Anche se il nylon ha la giusta consistenza per la tessitura ed è facile da tingere, gli svantaggi dell’uso del nylon nella produzione tessile vanno dalla scarsa resistenza al calore e alla luce, alla deformabilità e al fatto che l’abbigliamento in nylon è soggetto al pilling (comparsa di piccole palline di fibra sui tessuti) dopo essere stato indossato per molto tempo.
Oggi la maggior parte degli sforzi si concentrano sulla riduzione dell’impatto dell’attuale sistema di economia lineare, mediante l’utilizzo di tecniche di produzione più efficienti, ma le sfide relative al basso utilizzo dei vestiti e ai bassi tassi di riciclaggio dopo l’uso persistono ancora.
Per attuare un passaggio dall’economia lineare a un’economia circolare per l’industria tessile, la Fondazione Ellen McArthur propone nel suo rapporto una collaborazione a livello globale.
Il momento per implementare l’economia circolare e cambiare il nostro sistema di consumo è ormai arrivato.
La scienza ci sta dicendo da tempo che lo sfruttamento delle risorse ha un limite, il rapporto della Fondazione Ellen McArthur deve stimolare nuove soluzioni e pratiche sostenibili da parte di tutti gli attori che sono chiamati a trasformare in valore la catena del tessile.